Poltronissima: squarci di lingua della politica tra dibattiti e consultazioni

Andrea Picciuolo
11 min readSep 10, 2019

La lingua della politica ha vissuto sulla ribalta le ultime settimane. Per l’occasione, si sono felicemente moltiplicati gli interventi, di vario tenore, che ne hanno evidenziato alcuni aspetti peculiari. Nell’ambito (molto) ristretto delle letture di chi scrive è andato germogliando una sorta di dizionario della crisi di governo. Di quest’opera (reale-immaginaria) si segnalano le “voci”: “forni” (redatta un anno fa ma a buon diritto riproposta di recente), “interlocuzione”, “plasticamente”, e, ultima arrivata, “poltrona”. [edit: per completare l’informazione, si aggiunge la serie “Le parole della neopolitica”]

Questa nota striminzita non partecipa alla composizione del dizionario, per molte ragioni, su tutte il difetto di competenza dell’autore. Ci si limiterà solo a offrire qualche dato riguardo i termini più impiegati da qualche attore politico nel frangente trascorso tra il dibattito in aula che ha fatto seguito alla mozione di sfiducia presentata nei confronti del Presidente del Consiglio e la fine del secondo turno di consultazioni, con particolare riguardo proprio alle occorrenze del termine poltrona. L’ uso ricorrente di poltrona, e il suo valore pertinente nel dibattito di questi giorni, non ha mancato di richiamare d’altronde anche l’attenzione di alcuni commentatori, con qualcuno tra questi che è arrivato finanche a richiederne, ironicamente, la messa la bando.

Riguardo a “poltrona”, si offre qui un appunto preliminare per collocare la faccenda del suo riferimento (soprattutto nella sua accezione figurativa) al dominio della politica in una prospettiva diacronica, estraendo qualche contesto di inserzione in cui il termine è riferito, in modo pure obliquo (e variamente caratterizzato), a quel campo, oppure è utilizzato in discorsi proferiti da agenti politici.

Il DELI data alla seconda edizione dello Zingarelli (1922) la seguente accezione di “poltrona”: “carica o impiego, spec. di grado elevato, molto redditizio e che comporta poca fatica”. Dopo una rapida, e certamente imprecisa, ricognizione della seconda edizione (del 1922 appunto) del Vocabolario Zingarelli, chi scrive non ha invero rinvenuto la citazione prima citata. Vi è invece, alla voce poltrona, l’accezione (p. 1167) “Alto ufficio burocratico. | la — di direttore generale.” L’edizione 2019 dello Zingarelli, alla voce “poltrona”, recita (per quel che concerne l’accezione figurativa): “Ufficio, carica o impiego, spec. di grado elevato […]”.

Riguardo ciò che qui interessa, va notato che il GDLI fa menzione della seguente accezione del termine “poltrona”: “Scaldare una poltrona: rivestire una carica elevata. Bocchelli, 18-II-675: Mio buon collega e vecchio amico caro / e fulmine di guerra pensionato, / scaldare lungo tempo una poltrona [di ministro] / ingenera nel cerebro illusione, / strana, d’esservi insostituibile.”

Una prima rapidissima consultazione delle opere disponibili in rete consente di retrodatare la correlazione tra il termine “poltrona” e il dominio della politica almeno al biennio 1848–1849. Se ne trovano tracce nel foglio titolato Il don Pirlone: giornale di caricature politiche. Se si consulta il primo volume della raccolta (dalla prima uscita sino alla numero 145), a p. 386 ci si imbatte in una appendice dal titolo “Camera dei deputati dell’anno 3000”, in cui si legge [ndr: il corsivo è dell’autore]:

“La nostra costituzione è stata così bene combinata che i doveri del cittadino si sono trovati ridotti all’obbligo di ricercare in tutto il suo proprio vantaggio. Il vostro governo Costituzionale conteneva del resto i germi di questa maravigliosa riforma; germi nascosti, sotterranei, vergognosi che noi abbiamo abilmente inaffiati di legalità per svilupparli e produrli al sole. Così oggi il sistema politico degl’interessi uniti risponde a tutti i bisogni dell’uomo veramente civilizzato. Esso si compone di quattro poteri che rappresentano i principj sociali dell’epoca. In testa si leva il presidente della Repubblica o l’impeccabile, così chiamato perchè egli non può mal fare, ed il quale non può mal fare, perchè non fa nulla. L’impeccabile non è in effetto nè un uomo, nè una donna, nè un ragazzo ; ma ciò che noi chiamiamo una finzione governamentale ; egli si compone di una poltrona posta sotto un baldacchino ! Questa poltrona è il capo legittimo del governo: i ministri non possono parlare che in suo nome e le loro dichiarazioni politiche sono chiamate discorsi della poltrona.

Dal punto di vista figurativo, vi è in questo caso una personificazione, esito di una identificazione tra un capo del governo, nullafacente, e, appunto, una poltrona.

Uno sguardo fulmineo alle discussioni tenute nelle assemblee legislative del Regno d’Italia consente di rinvenire, con gli usi più svariati ma non privi di una loro configurazione sistematica, alcune occorrenze del termine “poltrona”.

Tra coloro che ne fanno menzione, si segnalano qui Martini (che ha come obiettivo polemico contingente quei professori universitari che servono “in poltrona”); Imbriani; Cavallotti; Prampolini (nel 1899) [ndr: i corsivi nelle citazioni sono dell’autore] (“In questo senso, onorevole Pelloux, io dissi che voi tutti pensate a conservare il potere, invece che a conservare la maggioranza. Un Governo forte e illuminato, o semplicemente un Governo costituzionale, dovrebbe rispondere a questi pretesi conservatori : non sono io che debbo difendere la vostra popolarità, la vostra poltrona o la vostra medaglia di deputato. Operate, agite !”); Tripepi (“eroi da poltrona”); Marchesano (“Il combattente, il decorato, il ferito non trovano nè nel comando, nè nel Ministero la distinzione cui avrebbero diritto ; e quando vedono preferito il burócrata che fuma la sigaretta nella poltrona del suo ufficio, compiendo opera utilissima alla patria, ma non rischiando la vita, non rischiando di lasciare i figliuoli senza padre e senza pane, questi ufficiali combattenti che non possono sottoscrivere milioni al prestito di guerra, si sentono scoraggiati.”); Lazzari; Misuri (“Ed è da osservare che si produce in Italia più dai giovani che hanno un miraggio largo di un avvenire migliore, che si danno agli studi con fede e fervore, che esercitano l’opera loro come un apostolato, che da chi ha raggiunto il cuoio soffice della poltrona universitaria, che talvolta si accascia […]”); Bombacci (nel 1922) (“Debbo solo domandare se è serio un Parlamento che discute mezz’ora per stabilire in un disegno di legge di dare una poltrona gratis in un teatro ad un funzionario! È assolutamente ridicolo!”); Ruggero Romano (nel 1932) (“Bisognerà di certo che anche i dirigenti centrali curino di non comunicare a quelli provinciali quella specie di ossessione, di incubo della propria responsabilità che li rende pigri ed inerti, pensosi più della propria poltrona che delle sorti del paese e del prossimo. ”); Begnotti (nel 1937) (“Ora il problema, ripeto è quello di creare il teatro per tutti. Non, è questione di privilegio o di non privilegio. Nello stesso teatro ci può andare il ricco e ci può andare il povero. Noi non pensiamo che la soluzione sociale del problema del teatro sia proprio esclusivamente quella della soddisfazione che si possa avere di vedere l’operaio seduto nella poltrona che è sempre stata il privilegio del ricco. Possiamo anche non tenere a queste fìsime che possono sapere un po’ di demagogia.”).

Pare sia di Nenni (nel 1948) la prima menzione del termine “poltrona” in un’assemblea legislativa della Repubblica italiana: “è certo che, se l’ideale della mia vita fosse stato quello di occupare una poltrona ministeriale e di non abbandonarla più, avrei oggi qualche motivo di rimpiangere i miei reali o pretesi errori, ma l’ideale della mia vita, essendo soltanto quello di secondare la classe operaia in tutte le sue lotte, trovo naturale che in un momento in cui la classe operaia ha subito un insuccesso, io ne segua il destino. Scandaloso sarebbe il contrario; scandaloso sarebbe che di un insuccesso della classe operaia un socialista potesse fare una occasione di personali fortune politiche o ministeriali.”

Si può notare come spesso “poltrona” manifesti il polo disforico di una correlazione “semantica”; con un vigoroso supplemento di analisi si potrebbe rintracciare, nei suoi usi, una assiologia fondamentale. Già emerge comunque qui come “poltrona” in quei contesti valga, almeno nei suoi usi figurativi, come la quintessenza vuoi del privilegio, vuoi dell’inazione, vuoi della meschinità.

Sempre in prospettiva diacronica, con il supporto di qualche corpora, si scoprono delle ricorrenze di “poltrona”, nell’accezione figurativa, (I) nella Storia della letteratura italiana (volume 2, del 1870) di De Sanctis: “Firenze riacquistava il suo posto nella coltura italiana per opera di Giuseppe Giusti. Sembrava un contemporaneo di Lorenzo de ‘ Medici che gittasse una occhiata ironica sulla società quale l ‘ aveva fatta il secolo decimonono . Quelle finezze politiche, quelle ipocrisie dottrinali, quella mascherata universale , sotto la quale ammiccavano le idee liberali gli Arlecchini , i Girella, gli eroi da poltrona, furono materia di un riso non privo di tristezza.”

E, ancora, in (II) Discorrendo di socialismo e di filosofia (1898) di Antonio Labriola: “La morale non ha forse insegnato per secoli , che bisogna rendere a ciascuno secondo il merito suo? Un tantino di paradiso non volete serbarcelo? — mi pare di sentire a dire ; — e se anche s ‘ha da rinunciare al paradiso dei credenti e dei teologi , non ci si ha da serbare un po’ di pagana apoteosi in questo mondo ? Non barattiamo , dunque , tutta la morale degli onesti compensi : — almeno una buona poltrona, od un palco di prima fila , nel teatro delle vanità! Ed ecco perché le rivoluzioni, per tante altre ragioni necessarie ed inevitabili , anche per questo rispetto sono utili e desiderabili : perché , a guisa di grossa scopa , spazzano dal terreno i primi occupanti, o per lo meno rendono l’aere più respirabile, come accade dei temporali per cresciuto ozono.”

In (III) “Quel che ci disse l’on. Mussolini”, articolo del 1923, apparso in Il Giornale d’Italia: “L’Europa sente oggi che in Italia governano uomini di salda mano e di sicura volontà . Quando nei giornali stranieri leggo lunghi articoli dedicati al fatto tanto semplice e tanto spontaneo che l ‘ on. Mussolini attraversa il paese volando per otto ore ininterrotte su un apparecchio, io mi rendo conto che quelle cronache significano che l ‘ Europa non si è ancora avvezza a considerare la possibilità che il Capo di un Governo abbandoni il wagon — salon o la comoda poltrona presidenziale , per la carlinga disagevole di un apparecchio aereo […]”.

Veniamo ora alle dichiarazioni di alcuni politici, rese durante l’appena trascorsa crisi di governo. Si elencheranno di seguito i sei termini non grammaticali più frequenti nelle allocuzioni di tre politici per ciascuna delle tre occasioni oggetto di osservazione (le dichiarazioni in aula del 20 agosto, le dichiarazioni rese al Quirinale dopo il primo giro di consultazioni, le dichiarazioni rese al Quirinale dopo il secondo giro di consultazioni). Come anticipato, si darà poi conto, quando è il caso, dell’uso del lemma poltron*.

I termini maggiormente impiegati dal senatore Salvini durante l’allocuzione del 20 agosto scorso sono: italiani, popolo [ndr: italiano], presidente, paese, paura, abbiamo.

Nel suo discorso, si contano quattro occorrenze del termine “poltrona” [ndr: le citazioni sono da prendere con molta cautela, in quanto estratte da alcune trascrizioni automatiche che, per quanto sempre più precise, continuano a presentare una quantità non trascurabile di errori]:

- “[…] il Renzi di turno che ha votato contro fino a ieri è disponibile a votare oggi a favore per mantenere la poltrona […]”

- “[…] il destino di questo parlamento è nelle mani del popolo italiano non di trenta senatori che pur di non andare a casa e di mollare la poltrona voterebbero anche il governo della fata turchina […]”

- “[…] ho il tempo che hanno gli uomini liberi che non hanno paura di mollare la poltrona e di metterla in mano al popolo […]”

- “[…] all’Italia reale non all’Italia virtuale che spesso e volentieri ha interesse solo a mantenere la sua poltrona”

Il termine “poltrone” conta due occorrenze:

- “[…] vale più di mille poltrone non ho paura a mollare le nostre poltrone non hanno paura le donne e gli uomini della Lega non hanno paura ministri gente libera che risponde solo e soltanto al popolo italiano non alla Merkel e Macron […]”

I termini maggiormente frequenti nel discorso del senatore Renzi sono: presidente, Salvini, paese, prima, avete, abbiamo.

“Poltrona” compare in una sola occasione: “Qualcuno all’interno di quest’aula dice che noi non molliamo la poltrona, invito quindi il senatore Salvini a girarsi alla sua destra, come sta facendo, e a guardare il senatore Bagnai, che a Firenze nelle scorse elezioni si è presentato contro di me, sostenuto anche da Forza Italia e da Fratelli d’Italia, e ha fatto tutta una campagna per dire no all’euro e nel momento in cui noi abbiamo perso le elezioni (perché le abbiamo perse) è riuscito comunque a perdere il seggio. Noi non abbiamo paura di sfidarla a Firenze, a Milano, nel seggio di Bibbiano, nel seggio di Arezzo! La sfido dove vuole, signor ministro Salvini, ma non giochi sulla pelle degli italiani, perché a rischio in questo momento ci sono le famiglie italiane.”

Le parole maggiormente utilizzate dal senatore Morra sono: ministro, Stato, commissione, mafie, Salvini, diritto.

Nessuna occorrenza, pare, del temine “poltrona”.

Nelle dichiarazioni rese al Quirinale dopo il primo giro di consultazioni, i termini maggiormente utilizzati dal senatore Salvini sono: governo, italiani, contro, qualcuno, popolo, cancellare.

“Poltrona” e “poltrone” contano una occorrenza ciascuno:

- “[…] qualche partito di opposizione di sinistra sta ragionando di posti e di poltrone […] per carità di dio lo stipendio a fine mese è il bello della poltrona per molti è un valore irrinunciabile per noi no altrimenti non ci saremmo messi in gioco in discussione […]”

I termini più frequenti nel discorso del segretario del PD, Zingaretti, sono: governo, svolta, politica, presidente, centralità, condizioni.

I termini più impiegati dal ministro Di Maio sono: cittadini, italiani, movimento [ndr: 5 stelle], abbiamo, Italia, crisi.

Già dando soltanto una scorsa ai termini più usati (vale a dire, dal punto di vista dell’analisi, a quasi nulla), si nota come cambi nel tempo il tenore dei discorsi dei tre attori. Per esempio, nelle dichiarazioni del senatore Salvini, le occorrenze dei termini “poltrona” e “poltrone” (lì impiegati quali disfemismi) passano da due a dieci tra la prima e la seconda dichiarazione resa alla stampa dopo le consultazioni; mentre, nello stesso frangente, i sei termini più frequenti nei discorsi di Di Maio e Zingaretti arrivano quasi a coincidere.

Nel dettaglio, nelle dichiarazioni rese al Quirinale dopo il secondo giro di consultazioni, i termini maggiormente utilizzati dal senatore Salvini sono: governo, abbiamo, partito, italiani, presidente, elezioni.

Il termine “poltrone” conta sette occorrenze:

- “[…] uno splendido popolo come quello italiano che non merita di essere tenuto in ostaggio da cento cacciatori di poltrone che al di là dei palazzi della politica non saprebbero come tirare a fine mese […]”

- “[…] questi hanno cominciato a litigare ancor prima di cominciare quindi quanto meno abbiamo litigato dopo un anno al Governo questi stanno litigando per le poltrone ancor prima che il governo sia nato […]”

- “[…] un eventuale governo Pd 5S ha nelle poltrone nella vendetta e nel nemico Lega e Salvini l’unico collante un governo debole sicuramente il più ambito a Bruxelles a Parigi a Berlino […]”

- “[…] un Governo che nasce dall’odio dall’esclusione e dalla fame di poltrone […]”

- “[…] il primo governo che ancor prima di nascere ha già cominciato a litigare […] oltretutto sui ministeri e sulle poltrone […]”

- “[…] mi soffermo sulla spudoratezza del partito delle poltrone che si chiama Partito Democratico […]”

- “[…] abbiamo espresso lo sconcerto non della Lega ma di milioni di italiani di fronte all’indecoroso spettacolo teatrino della guerra delle poltrone […]”

Il termine “poltrona” conta 3 occorrenze:

- “[…] sessanta milioni di italiani sono in ostaggio di cento parlamentari che hanno paura di mollare la poltrona […] ci sono cento parlamentari aggrappati alla poltrona […]”

- “[…] dal Pd ci si aspetta di tutto è un partito incredibile che nel nome della poltrona chiede discontinuità […]”

I termini maggiormente frequenti nella dichiarazione resa alla stampa dal segretario del PD sono: governo, presidente, abbiamo, Italia, vogliamo, movimento [ndr: 5 stelle].

I termini più usati dal capo politico del M5S sono: presidente, italiani, abbiamo, governo, movimento [ndr: 5 stelle], paese.

Negli ultimi due casi citati, non compare il lemma poltron*.

Sign up to discover human stories that deepen your understanding of the world.

Free

Distraction-free reading. No ads.

Organize your knowledge with lists and highlights.

Tell your story. Find your audience.

Membership

Read member-only stories

Support writers you read most

Earn money for your writing

Listen to audio narrations

Read offline with the Medium app

Andrea Picciuolo
Andrea Picciuolo

Written by Andrea Picciuolo

Co-founder @ tropic https://tropicresearch.it/) — Marketing intelligence = audience | content | media | social intelligence | semiotics | text analytics

No responses yet

Write a response