Lo spread italiano (2)

Andrea Picciuolo
4 min readSep 30, 2019

L’esame della comunicazione pubblica (sia sul versante della produzione che su quello dell’interpretazione dei “messaggi”) porta, nel campo degli interventi preparatori, a cartografare discorsi e comportamenti per estrarre i “segni” del tempo. Tra questi, vi sono, ovviamente, le “parole”. Mapparne gli usi, consente poi di analizzare i processi formali nei quali sono distribuite e di individuarne le funzioni (informative, narrative, figurative) che svolgono in ciascun contesto esplorato. Si possono così determinare i domini semantici e i frame che strutturano le identità discorsive (di “persone” ed “eventi”) e orientano le interpretazioni del “lettore” (cognizioni, emozioni, percezioni).

Da questo punto di vista, da qualche tempo, uno degli ambiti di maggiore interesse è dato dal discorso economico e, nello specifico, dal lessico economico-finanziario, sia nei suoi usi tecnico-specialistici sia in quelli, per dir così, comuni, come è capitato di indicare in altre occasioni (qui e qui, per esempio).

In questo quadro, tra i fenomeni degni di nota, vi è la patemizzazione del lessico economico-finanziario. Si è mostrato altrove un caso in cui ciò avveniva in un corpus ristretto di articoli, e titoli, di giornale.

Si offre qui la seconda nota di una serie faceta (la prima è qui) in cui si presentano i risultati di poche osservazioni, quasi casuali e glossate all’ingrosso, effettuate sia in ambiti tecnico-specialistici che ordinari. Una distinzione, questa, certamente approssimativa, data la tipologia dei marker testuali propri della lingua dell’economia, come sottolineato in letteratura, che rendono non così pacifica la suddivisione tra uso ordinario e uso tecnico-specialistico, ancor più in arene come quella di cui si dirà in queste poche righe.

Il bersaglio è il termine “spread”.

Tenute in conto le cautele di cui si diceva in precedenza, anche in questo caso il campo solcato è di tipo tecnico-specialistico. Il corpus in oggetto è infatti costituito dagli articoli in cui compare la chiave “spread” pubblicati in uno scorcio del mese di settembre dal più diffuso quotidiano finanziario italiano (dunque specialistico ma rivolto a un pubblico di non soli operatori).

Vari sono stati gli accadimenti politici in questo frangente e, come si sa, sui media il termine spread è spesso comparso, negli anni, ad accompagnare narrativamente le curve delle vicende politico-economiche nazionali. Dato il carattere di divertimento di queste righe, tale architettura referenziale non verrà presa in carico, ci si limita solo a segnalarla.

“Spread” conta 82 occorrenze (in meno di 3 settimane di osservazione). In 14 occasioni, il termine appare “sintatticamente” nudo, per il resto è accompagnato da determinanti. L’incidenza della manifestazione nuda è minore rispetto al caso esaminato nella prima nota. Sopravvive comunque, come lì si diceva, la possibilità, se abbigliato il termine con alcuni predicati pertinenti, di sfruttare la somiglianza strutturale con l’evenienza dei nomi propri per produrre, di fatto, delle sequenze evocative e figurativamente piene in cui a “spread” vengono assegnati stati psicologici, percezioni o azioni. Non è questo il caso, ma si vedrà che la carica figurativa non è per questo assente.

Si prendano pochi esempi.

(1) Dopo anni di relativa tranquillità, lo spread tra BTp e Bund è tornato in fibrillazione toccando nuovi massimi pluriennali nell’ottobre del 2018 a oltre 330 punti. Durante il primo governo Conte lo spread è passato da 238 a 207 punti: la rilevazione evidenzia una discesa, ma il differenziale era salito molto prima del giuramento del governo proprio in vista di un esecutivo giallo-verde. Nelle ultime settimane, dopo la fine del primo governo Conte, lo spread è precipitato da oltre 200 punti a 150.

(2) LA SCISSIONE DI RENZI FA SALIRE LO SPREAD [ndr: è un titolo]

(3) Una lunga fase di emergenza creditizia che, negli ultimi diciotto mesi, si è sovrapposta all’emergenza dello spread in risalita per timori su rischio-Paese e Italexit. Per le banche, svaniscono le penalizzazioni sul capitale indotte dal caro-spread e soprattutto si ricrea il

necessario clima di fiducia con gli investitori istituzionali globali […]

Nel primo [(1)], “spread” occorre in una sequenza piana e banalmente tecnica come “lo spread tra BTP e Bund”. “Btp” e “Bund” sono i collocati più frequenti, tra l’altro, del termine in oggetto. Nell’esempio, però, la piattezza della dimensione referenziale si increspa a favore di un brio figurativo appena si getta lo sguardo a qualcuno degli altri collocati reperibili nella sequenza, che restituiscono, dal punto di vista stilistico, dei pattern marcati da una tonalità vitalista a tratti iperbolica: “relativa tranquillità”, “in fibrillazione”, “precipitato”. A ciò si aggiunge, come tratto generale di questo corpus ma anche di quelli esaminati in occasione della prima nota, il carattere tensivo del racconto dello spread, dove vige uno stato di perenne crisi si direbbe, con le sue discese e le sue salite. “Calo”, “riduzione”, “ridurre”, “discesa”, “sceso”, “scendere”, “salire”, “resta”, sono tra i collocati più frequenti di “spread”. Questa articolazione tensiva, sempre operativa, è lo scheletro narrativo fondamentale del racconto dello spread. È la tensione narrativa, così creata, il vero protagonista del racconto, “colui” che detiene la misura, e così il giudizio, delle azioni degli altri attori (siano o non siano questi antropomorfi).

L’esempio (2) mostra in maniera più classica, ovvero con un tipo ricorrente in corpora similari, la figurazione iperbolica di cui si diceva, quando il nesso [determinante +] “spread” compare come una sorta di denominazione qualificativa del termine “emergenza”. L’esempio è interessante perché fanno capolino, se visti dalla prospettiva dei ruoli semantici manifestati dai vari pattern, dei Beneficiari. Fatto non banale perché, lo si vedrà presto esemplificato, spesso [ndr: nel ristrettissimo campo indagato] “spread” manifesta il ruolo di agente o paziente in catene dove è proprio il ruolo di Beneficiario a far difetto. L’esempio (3) è da questo punto di vista prototipico: una costruzione causativa (o fattitiva se si vuole) in cui viene nominato un agente responsabile, in quel caso, di aver provocato un aumento del differenziale (si suppone) tra Btp e Bund. Questo tipo di struttura è l’impalcatura formale più solida in cui occorre “spread”, il che incrina in maniera irreparabile il quadro referenziale che ci si aspetterebbe da una descrizione tecnico-specialistica. Un tipo sempre disponibile, che produce una vastissima fenomenologia, sempre aggiornata, di attribuzioni di responsabilità ad agenti di volta in volta selezionati.

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Written by Andrea Picciuolo

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