Comunicazione liquida. Ancora su politica pop e diversione

Andrea Picciuolo
4 min readAug 16, 2019

Ieri, in una breve nota, si è dato conto all’ingrosso, nella prospettiva della frame analysis e dell’audience intelligence, di un caso recente di comunicazione politica che ha avuto una qualche eco. Tra le altre cose, si sottolineavano gli effetti di fatto diversivi di determinati comportamenti dei politici più attenti, per dir così, alle dinamiche della politica mediatizzata e alle “costrizioni” delle nuove piattaforme sociali.
In queste poche righe, ci si limita a segnalare, a mo’ di prolungamento, un altro caso di attualità, diverso da quello indagato ieri, ma comunque degno di nota nell’orizzonte appena descritto. Si tratta di un’invettiva lanciata verso l’attuale ministro dell’Interno (l’indiscusso protagonista della saga di cui qui si narra). Il Nostro, come spesso gli capita, ha menzionato il fatto sulla sua pagina Facebook, “offrendolo”, commentato con la classica didascalia (importantissima nello schema di cui è qui il caso), ai suoi lettori. Al momento dell’osservazione, questi erano i risultati in termini di interazioni: il 12/08 il proprietario della pagina pubblica 11 post che generano 199.312 like, 259.728 reazioni, 152.454 commenti, 32.999 condivisioni. Il post che ci interessa è quello che genera più commenti, 34.140, ed è quello con l’engagement più alto della giornata. Si badi: la media di commenti per post degli ultimi 12 mesi circa sulla pagina del ministro è di 6.200. Si può così apprezzare l’interesse generato da simili operazioni. Dato il target, il pubblico si diletta a esercitare su di esso la sua attività ludico-cognitiva, aderendo alla struttura formale del messaggio del proprietario della pagina. “Chi è?”, “chi è questo”, “x [ndr: l’artista] sei y/z”, alcune dei micro-sintagmi più frequenti nei commenti.

Tra i 25 commenti che hanno ricevuto più like, però, si insinua anche qualcuno che prova a fare un po’ di guerriglia semiologica (i.e. agire comunicativamente lì dove il “messaggio” viene interpretato, per dirottarne il “senso”), spostando innanzitutto il bersaglio dall’artista al ministro, e manifestando un frame della delusione (potenzialmente propedeutico al frame del tradimento). Poca roba certo, ma degna di nota, perché evidenzia un tipo di incursione sulla pagina fan del ministro espressivamente (e tatticamente) diversa rispetto a quelle comuni, che si smarca cioè dall’urlato “confronto” partigiano (un agire che invece rinsalderebbe l’efficacia degli effetti diversivi di cui si diceva e che, in maniera sorprendente, ma non così tanto come si vedrà, era stato azzoppato dallo stesso gestore della pagina con la procedura descritta qui.

Accanto al già lodevole (dal punto di vista strategico) effetto diversivo, si accennava ieri anche alla funzione narrativa che, con sfumature non di poco conto che differenziano i “messaggi” di questo genere, marca questo tipo di realizzazioni testuali: fanno strutturalmente da perno a una narrazione vittimista che è a sua volta incardinata, a un livello superiore di astrazione, in un frame della salvazione. L’eroe del racconto ha poi in casi come questo l’enorme vantaggio di scegliersi i propri “nemici” e vedere così accresciute le sue “competenze” da eroe o, per dirla in modo ancora più dozzinale, i suoi “poteri”. Che questo eroe sia poi percepito come eroe negativo nulla cambia, resta l’eroe.

Chi scrive ha più volte confessato all’agente mobile che legge queste dichiarazioni diaristiche di trovare oltre modo esagerata l’attribuzione di iperbolici epiteti faunistici a meri sistemi meccanici di rilevazione di items “lessicali” o di riconoscimento di tracce foniche e, o, grafiche. Sono dotazioni necessarie, ma propedeutiche all’analisi strategica (in questo caso “semantica”), e non vanno confuse con l’altrettanto necessario, e dirimente, lavoro interpretativo di osservazione e analisi. In questa prospettiva, quei sistemi, se messi alla prova, risultano delle tigri di carta.

Si ponga infine attenzione a un ultimo indizio, orientato al dato, per appezzare gli effetti diversivi del semplice quanto efficace meccanismo qui descritto. Su Twitter, dal 5 all’11 agosto (quindi fino al giorno che precede il post in oggetto), sono 123 i tweet in cui compare la stessa invettiva usata dall’artista. Questi tweet generano complessivamente 1.740 like e 379 rt’s. La stessa sequenza dell’invettiva è usata anche come hashtag; questo, sempre nell’arco di tempo considerato, compare in 214 tweet, che generano 592 like e 182 rt’s. L’arrivo, però, dell’user da (al momento) 495 mila e passa follower, spinge a cospargere le deiezioni con qualche lettera e il meccanismo descritto in parte qui fa sì che ci si inizi a ballare sopra la ridda (molto pericolosamente, data la consistenza della “base”) generando condivisioni, menzioni nei blog, grida delle news online, e l’engagement che abbiamo visto. Questo post di Pier Luca Santoro (che ha ispirato queste righe) riassume la vicenda; la virality map acclusa dà supporto empirico a quanto appena descritto.

Originally published at https://www.tumblr.com.

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Written by Andrea Picciuolo

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